Le pagine dei giornali, le TV, il Web: tutti parlano di Silvio Berlusconi, com’è lecito attendersi. L’imprenditore ottantaseienne che si è spento lo scorso 12 giugno dopo una vita trascorsa nel creare realtà televisive e politiche destinate a ricoprire pagine importanti nella Storia di questa Nazione. Un bagno di folla ha salutato per l’ultima volta colui che ha costruito un vero e proprio impero finanziario. Milano 2, Fininvest (oggi Mediaset), Forza Italia, per non parlare dei successi col Milan, sono i risultati più importanti che hanno segnato la vita dell’ex Cavaliere divenuto poi Senatore.
Le scene viste fuori Villa San Martino ad Arcore ma soprattutto nella piazza del Duomo di Milano, dove si sono svolti i funerali di Stato alla presenza delle più alte Cariche nazionali ed internazionali, hanno mostrato un popolo di persone in lacrime che volevano rendere omaggio all’Uomo che magari avevano solo sfiorato un momento o non avevano mai incontrato di persona.
Eppure, Silvio Berlusconi è stato anche questo: un eroe dei nostri giorni che, partito da un livello di media borghesia, è riuscito a diventare uno dei nomi più ricchi d’Italia e ad entrare nell’elenco dei Paperoni del Mondo.
Quanto evidenzieremo nelle righe seguenti non sarà mirato a raccontare la vita dell’imprenditore-politico (cosa arcinota a tutti) ma punterà a far comprendere come l’essere umano, in ogni epoca, abbia sempre desiderato avere un “eroe” di riferimento.
E se nell’opera teatrale del drammaturgo tedesco Bertolt Brecht “Vita di Galileo” è risultata celebre la frase “Felice il Paese che non ha bisogno di eroi”, la realtà di Milano e non solo ha dimostrato l’esatto contrario.
Tornando indietro nel tempo (ma non di troppo), abbiamo già vissuto scene come quella per Silvio Berlusconi: la morte di Papa Giovanni Paolo II (oggi Santo) e prima ancora quella di Alberto Sordi, per non parlare di Totò a Napoli.
Nomi che hanno preso un posto nel cuore delle persone che hanno condiviso il loro stesso periodo storico. Ricordo molto bene quanto accadde a Roma in quel 2005 quando vi fu l’esposizione della salma del Pontefice: una folla, proveniente da tutto il mondo, aveva invaso le strade limitrofe a Piazza San Pietro. Impossibile riuscire a crearsi un varco. Erano tutti lì per lui: per quell’Uomo venuto da un paese lontano (come disse nel giorno della sua proclamazione e come recita il titolo della celebre canzone di Amedeo Minghi in suo onore) che, provenendo da una famiglia assolutamente normale ma facente parte di uno Stato governato dal regime comunista (quale la Polonia era all’epoca), riuscì a farsi strada, ad emergere con le sue idee, la sua Fede dovendo superare mille ostacoli e rischiando anche la vita.
Un esempio, quindi, di forza interiore che la gente ha compreso e amato.
Un paio di anni prima, nel 2003, la Capitale vide un altro evento unico ed irripetibile: l’ultimo saluto ad Alberto Sordi, l’attore romano considerato una Maschera di questa città. Un uomo proveniente da una famiglia della piccola borghesia, nato in una Roma dal volto più provinciale che cittadino e che, con grande tenacia e passione, era riuscito a diventare un Nome nel mondo dello Spettacolo e non solo. La gente lo vedeva come il proprio vicino di casa ma al tempo stesso provava ammirazione per le sue doti di attore e per i risultati che aveva ottenuto. La sua villa era nota a tutti e vi era quel rispetto tutto romano per colui che, con le sue pellicole, aveva interpretato ogni ruolo (figlio, marito, vedovo, amante, nobile, plebeo ecc. ecc.).
Lo stesso, anche se entriamo nel bianco e nero cinematografico, avvenne per Totò a Napoli o, in tempi più recenti, per il fuoriclasse Diego Armando Maradona. I napoletani, poi, sono Maestri di euforia!
Ebbene, i nomi riportati, rappresentano il chiaro esempio di come il popolo, specialmente quello appartenente alle classi più disagiate, necessiti di trovare sempre un proprio “eroe” da seguire come modello. Una costante che si ripete col passare di generazioni e secoli.
Prima di concludere vorrei provare ad anticipare quello che un certo “sinistro-pensiero” potrebbe dire di qui a poco tempo, in merito a quanto avvenuto sulla piazza del Duomo di Milano: diecimila persone (contro le ottomila previste) che hanno dato l’ultimo saluto a Silvio Berlusconi erano in realtà tutte comparse prese a Cinecittà e portate lì dalle moderne camice nere per fare mera propaganda.
Aveva ragione il buon Andreotti quando diceva “a pensar male si fa peccato ma ci si indovina quasi sempre!”.