Il libro di Simona Mancini candidato al Premio Strega Poesia 2023
Grande partecipazione e tante emozioni sabato 6 maggio a Casa del Parco (Biblioteche di Roma) per la presentazione del libro di poesie “Leggerezza” (Il Leggio Libreria Editrice) di Simona Mancini, candidato al Premio Strega Poesia 2023 alla prima edizione della sua storia.
La manifestazione, che ha visto la presenza di moltissime persone all’interno di una bellissima sala affrescata al secondo piano del Casale del Giannotto di origine cinquecentesca e un tempo di proprietà dei Torlonia, si è aperta con il benvenuto della responsabile della Biblioteca, Barbara Ambrosi, e con il saluto del Presidente del XIV Municipio Marco Della Porta che ha sottolineato la sua affinità con l’autrice – affettuosamente definita per diretta conoscenza “un’agitatrice culturale” – nel condividere la passione per la letteratura, la scrittura e la poesia e nel ritenere che “la cultura e la conoscenza siano l’elemento centrale e di sviluppo della nostra umanità”. L’editore chioggiotto di “Leggerezza”, Sandro Salvagno, ha inviato un messaggio letto in sala, a testimonianza della sua incondizionata fiducia nella semplicità e nella forza di un libro “che sa donare bellezza e leggerezza”.
Navid Carucci, docente, traduttore e scrittore – autore, tra gli altri, del romanzo “La luce di Akbar” – ha introdotto la poetica di Simona Mancini: “una poetica della semplicità, della leggerezza, delle rime orecchiabili che, usate in maniera fresca, rendono nuovo ogni volta il miracolo della poesia”. Carucci ha sottolineato anche l’analogia con la musica leggera di Mogol, per “il modo in cui la poesia di Simona riesce a veicolare emozioni, le discese ardite, le risalite che sono la sostanza del suo libro in cui ci sono emozioni profonde e anche dei dolori ma immediatamente si viene risospinti in alto dall’entusiasmo”.
L’autrice, Simona Mancini, ha dichiarato che, rispetto alla prima presentazione del libro avvenuta lo scorso giugno presso Castel Sant’Angelo – nell’ambito di Letture lungo il fiume – Invito alla lettura – sta ora vivendo un momento di particolare emozione, non solo per la candidatura del libro allo Strega, ma per il ritorno di emozioni avuto da tante persone e per il cambiamento nella percezione di sé stessa nel comprendere come gli altri possano straordinariamente riconoscersi nei suoi versi tra ritmo, melos e contenuti a volte effettivamente leggeri, altre volte molto più profondi. Silvia Guidi, giornalista de L’Osservatore romano, esperta di poesia e moderatrice della discussione, ha messo in luce come “Leggerezza” sia un libro “privo di dolorismo e presunzione” che spesso contraddistingue i libri di poesia e come sia invece “un affresco di tante voci” in cui c’è anche tanta letteratura nascosta tra un verso e l’altro, utilizzata come un apologo al contrario: “C’è tanta profondità dietro questa Leggerezza” – ha affermato la Guidi.
Per Simona Mancini “Leggerezza” è stato un libro non preventivato, “nato per caso ma non a caso” e dopo un lungo periodo di indecisione rispetto alla volontà di pubblicare una raccolta: sono stati premi, menzioni, pubblicazioni di singoli componimenti in antologie, e soprattutto la corrispondenza di emozioni con eletti lettori, il loro riconoscersi nelle sue poesie, a convincerla a “tirare fuori quella parte di sé, sensibile, riservata ma non per questo non meritevole di essere mostrata”. “Ci è voluto coraggio perché – dice l’autrice – scrivere e, la poesia in particolare, significa tirarsi fuori e donare irreversibilmente agli altri quella parte nascosta di sé e non poter tornare più indietro. E il coraggio spesso non si trova da soli. Da un passatempo piacevole, la poesia è diventata l’occasione per tirarmi fuori come non avrei mai pensato di poter fare”. Di questo, e talvolta anche di sé stessa, Simona si stupisce ma oggi è fermamente convinta che ne sia valsa la pena.
Anche Carucci ha osservato come il libro di fatto sia un percorso che attraversa gli eventi di un arco temporale, che narra il quotidiano attraverso dei temi ricorrenti e vari, dal concreto all’astratto, inizialmente con liriche più episodiche e poi più filosofiche. Emerge la grinta di Simona Mancini anche nell’immagine delle stelle cadenti, non pascolianamente malinconiche, quanto invece espressione dei desideri, delle sfide da realizzare con determinazione ed entusiasmo.
Per Simona – e lo afferma anche nella Premessa – il quotidiano va riscoperto con la sensibilità de “Il fanciullino”, provando stupore e meraviglia: la stessa meraviglia che inaspettatamente e sorprendentemente si possono provare di fronte alle emozioni dei lettori.
La cantabilità delle rime e la dolcezza del ritmo che cullano il lettore preludono a imprevedibili colpi di autenticità che deriva da una grande capacità di guardare, di osservare i dettagli, di vedere ciò che abbiamo davanti agli occhi: l’ispirazione nasce da questo e – ha affermato la Guidi – ”la precisione nella descrizione e nella contestualizzazione della situazione, rende il testo universale e sfonda la distanza e le differenze”.
Molte sono state le domande poste dai numerosi partecipanti, entusiasti e “stupiti”, che hanno avviato un dialogo attivo con l’autrice, connotato da riflessioni profonde.
Non sono mancati momenti di commozione, sulle note di melodie intense, alla lettura delle poesie (Leggerezza, La foresta che cresce, Il pacco da giù, I bambini speciali – ispirata al tema della disabilità – e Poesia) dalla voce di un giovane attore, Stefano Losito, di persone del pubblico ed in chiusura, dalla voce dell’autrice stessa che ha voluto dedicare la poesia che sente appartenerle di più, Stella polare, ai suoi punti fermi: i genitori, i figli Ludovica e Matteo, il marito Marco, presenze fondamentali che sempre la sostengono e la spingono verso ciò che le consente di esprimere al meglio se stessa; e ad Adele, “una grande amica diventata nel tempo un punto di riferimento costante e la persona che – ha detto l’autrice – “non solo rispetto alla sensibilità poetica, ha saputo tirare fuori anche quegli aspetti di me che nemmeno immaginavo di avere, restituendomi sempre e per prima le emozioni della lettura e mi ha fatto comprendere che quella parte di me, che avevo tirato fuori e che lei aveva visto, poteva e doveva arrivare anche agli altri. E aveva ragione”. Stella polare è una poesia bella, per tutti, oltre che per chi l’ha inconsapevolmente ispirata. Racconta il viaggio della vita, in cui all’improvviso possiamo trovarci al buio, nell’inquietudine, provando timore. Ma in quel buio prevalente dobbiamo alzare lo sguardo per accorgerci che, anche quando non le vediamo, ci sono sempre le stelle che non smettono mai di emanare luce, quella luce che serve per fare chiarezza in noi stessi e lungo la strada. E tra tutte le stelle, che in qualche modo ci illuminano, ce n’è una che sa guidare e orientare il nostro cammino, donando luce e facendo ritrovare il coraggio, riaccendendo anche nell’animo più scoraggiato la scintilla dell’entusiasmo: la Stella polare. La recitazione di Stella polare è terminata con un lunghissimo ed emozionante applauso, seguito da una rima di commiato – in riferimento alla simultanea incoronazione di Carlo III – che ha confermato come l’ironia sia un tratto distintivo e forsanche difensivo di Simona, sempre pronta ad alleggerire e a regalare un sorriso: “E alla fine dell’evento/ concedetemi un commento:/ grazie a chi oggi ha scelto me,/ preferendomi a Carlo il re”.
Come scrittrice e come docente, Simona Mancini crede fortemente che la poesia meriti un posto più ampio nell’editoria e nella cultura attuale: la poesia è utile perché “fa provare delle emozioni, che aiutano a vivere il meglio e al meglio, a conoscere sé stessi e a stabilire connessioni sane con persone che nemmeno conosciamo e che possono ritrovarsi in quello che esprimiamo: l’emozione genera una condivisione che va al di là della conoscenza diretta, con sfumature differenti ma la stessa intensità”. E l’intensità di un’emozione rende l’attimo eterno.
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