pubblicato in data 27 Ott 2023

La scelta di promuovere sette piccole aziende dell’apicoltura italiana nel Principato di Monaco nasce da alcune specifiche motivazioni che risiedono nella necessità di rappresentare i valori del lavoro della piccola filiera agroalimentare.

Questa sinergia tra piccoli produttori, Associazione Professionale Agricola, locale di tendenza internazionale e località turistica di fama mondiale rappresenta proprio il connubio più efficace per esprimere quei valori di filiera declinati in ambientali, sociali ed economici e che tutti insieme da anni predichiamo quali fattori di sostenibilità da equilibrare.

Spieghiamo i perché partendo dalla questione ambientale.

L’apicoltura è un sistema di monitoraggio della salubrità dell’ambiente, la cosa è risaputa, e la pratica di inserirla trasversalmente in tante aziende agricole italiane ed europee rappresenta un elemento di buona diversificazione, sia di controllo che di sostegno alla naturale ciclicità degli ecosistemi rurali.

Però vi è anche un’esperienza emergente a livello internazionale ed è l’inserimento di arnie in contesti urbani, addirittura condominiali, proprio per favorire anche in questi gli equilibri della natura.

Uno dei centri urbani che emerge per tale impegno è proprio il Principato di Monaco che, nonostante sia un piccolissimo centro, offre il buon esempio, diffondendo sul territorio arnie e trappole per il calabrone asiatico.

Nello scorso mese di giugno, dopo la smielatura, nel Principato il Governo per celebrare la Giornata Mondiale della Salvaguardia della Natura ha regalato il miele locale agli studenti e agli anziani. Miele prodotto esclusivamente da quelle stesse arnie installate nei giardini pubblici.

Monaco infatti – celebre per la sua aura di raffinatezza ed eleganza – si presenta ora sotto una nuova luce, dedicandosi con zelo all’obiettivo di diventare un modello europeo di sviluppo urbano e sociale sostenibile. Il Principato di Monaco ha abbracciato da tempo l’impegno per la tutela dell’ambiente fissando ambiziosi traguardi per il futuro. Tra questi spicca la riduzione delle emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, e l’obiettivo ancora più ambizioso di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050.

L’approccio ambientale del Principato all’apicoltura come esempio di cura dell’ecosistema e della cultura dell’ambiente potrebbe essere un riferimento per tantissime amministrazioni pubbliche di comuni turistici italiani, che potrebbero affidare il servizio ad associazioni di produttori locali coinvolgendoli, incrementando anche la capacità produttiva nazionale oggi troppo bassa rispetto alle richieste.

In quest’ultima riflessione sicuramente evidenziamo i valori sociali e culturali della nostra scelta come soluzione emulabile.

Veniamo ora al valore economico della filiera, cioè quello che la PAC definisce il pilastro dell’equa remunerazione del valore del lavoro in agricoltura.

Nel Mondo il numero degli alveari negli ultimi quindici anni è aumentato dal 23% al 26% con uno straordinario incremento del consumo di miele. L’ Asia (49% della produzione) e in particolar modo la Cina detengono la leadership del mercato, addirittura “Pechino” si attesta sulle 500.000 tonnellate l’anno. L’ Unione Europa è autosufficiente per il miele solo fino al 60% e l’Italia è il quarto produttore, mentre nel resto d’Europa scala nettamente in posizioni inferiori venendo superata abbondantemente da Regno Unito (50.000 tonnellate) e Ucraina (70.000 tonnellate circa).

Nel 2022 la produzione nazionale è stata secondo Ismea tra le 23.000 e le 26.000 tonnellate.

Il quadro è sufficientemente chiaro per capire che non abbiamo la forza per essere un grande esportatore, ma vi è un parametro che ci distingue, cioè che in Italia produciamo 60 nettari differenti.

Nessun Paese ha tale varietà.

A questo dato dobbiamo aggiungere quello sui nostri apicoltori che sono 72.020 e di questi 53.464 producono per autoconsumo e solo 18.556 hanno la partita iva per la commercializzazione.

Quindi abbiamo poco miele da commercializzare, ma di tantissime varietà con alta qualità.

Allora abbiamo due linee che potremmo seguire contemporaneamente per valorizzare economicamente il comparto e quindi il lavoro.

La prima è la individuazione di mercati specifici pronti a riconoscere le differenze qualitative, valorizzandole nella trasformazione alimentare senza eccedere nelle quantità.

Ecco che l’Equivoque di Montecarlo è proprio un esempio per capacità e stile per quei 18.000 produttori che vivono di questo mestiere e hanno bisogno di elevarsi nell’uso del proprio prodotto per poter avere una giusta sostenibilità economica.

Nei nostri mercati delle aree rurali rischierebbero di essere soffocati dal diffuso autoconsumo o dalla importazione a basso costo, quindi hanno bisogno di ribalte diverse per tipologia di uso del prodotto.

La seconda possibilità è proprio riscontrata in quell’esempio dell’apicoltura urbana, rappresentata, come detto, dal Principato di Monaco, che può essere affidata ai nostri 18.000 imprenditori apicoltori associati territorialmente, compito anche di ACLI TERRA, con l’impegno di elevare quantitativamente la produzione in un diverso contesto, quello della comunità, offrendo un valore aggiunto sociale alla professione ed esprimendo una nuova tendenza culturale nella gastronomia.

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