Il 2 maggio 1519 si spegneva in Francia, nel castello di Cloux Amboise, Leonardo da Vinci, genio universale unanimemente riconosciuto. Cinquecento anni fa, perciò, la sua morte.
La sua nascita è documentata dal “notaro” secondo l’espressione del tempo, Antonio, nonno del bimbo. L’ottantenne patriarca scrisse testualmente in una specie di diario:” Nacque un mio nipote, figliolo di Ser Piero mio figliolo, a dì 15 aprile, (1452 n.d.r.) in sabato a ore 3 di notte. Ebbe nome Lionardo. Batizollo prete Piero di Bartolomeo da Vinci”. Questo documento si conserva a Firenze presso l’Archivio di Stato ed è importante perché fissa senza equivoci il giorno e l’ora della nascita di Leonardo. Della madre si conosce soltanto il nome: Caterina, che sposerà cinque anni dopo tale “Cartabriga di Piero del Vacha”, e non lascerà più tracce di sé. Dunque, una ragazza madre, rimasta incinta a seguito di una fugace relazione con Ser Piero, figlio del Notaro e patriarca di Vinci.
Il bambino crebbe nella casa del nonno, trascorrendo presumibilmente felice la sua infanzia tra le proprietà, olivi e vigneti, di famiglia. Il padre, Ser Piero, celebrò lo stesso anno della nascita di Leonardo,1452, le nozze con la ricca giovane sedicenne Albiera Amadori. Sposerà ancora per ben 3 volte ed avrà ben dieci figli. Il padre accolse volentieri l’adolescente figlio, essendo attratto dall’intelligenza precoce del giovane.
A Firenze, dove Ser Piero si era trasferito nel 1471 come procuratore del Convento della SS. Annunziata e più tardi, nel 1484, Notaro della Signoria, Leonardo approfondì i suoi studi, imparando latino, greco, matematica, disegno, musica, ma come racconta il Vasari, imparava molte cose “e cominciate poi le abbandonava”.
Fu il padre, Ser Piero, ad introdurlo nella bottega di “Mastro” Verrocchio, orafo, pittore e scultore, probabilmente nel 1466. Dopo i sei anni di tirocinio “a bottega”, perciò nel 1472, Leonardo diventava membro della Corporazione dei pittori. Presso la bottega del Verrocchio Leonardo eseguì l’angelo del “Battesimo di Gesù” opera commissionata dai monaci di Vallombrosa. La “Madonna col Bambino” chiuse la collaborazione di Leonardo col Verrocchio.
Nel 1477 Leonardo cominciò un’attività indipendente e con la raccomandazione dei Medici, diventati “protettori” del giovane pittore, la Signoria di Firenze gli commissionò una Tavola d’altare per la Cappella di San Bernardo in Palazzo Vecchio. Ma Leonardo, pur facendosi anticipare venticinque fiorini, non eseguì il lavoro. Un anonimo contemporaneo così scrive: “Stette da giovane col Magnifico Lorenzo de’ Medici et dandoli provisione, per sé il faceva lavorare nel giardino sulla piazza di San Marco di Firenze”.
Ai giovani come Leonardo (e più tardi Michelangelo) veniva offerta una borsa di studio con la possibilità di imparare dai modelli antichi sotto la guida di Bertoldo di Giovanni, allievo di Donatello.
Ancora il biografo contemporaneo ci informa: “Aveva 30 anni che da detto Magnifico Lorenzo fu mandato al duca di Milano, insieme con Atalante Migliarotti a presentarli una lira, che unico era in sonare tale extrumento” Così Leonardo cominciò a muoversi nella diplomazia e nella politica.
Tra il 1482 e il 1500 Leonardo visse ed operò a Milano, tra l’arte e la scienza. Ludovico il Moro gli commissionò il ritratto di Cecilia Gallerani, sua amica. La Corte degli Sforza riuniva attorno a sé i più valenti artisti, uomini insigni e filosofi. La politica di Lodovico il Moro coinvolse Leonardo nella progettazione di opere militari e civili.
Ma il suo genio veniva sfruttato anche per attività di carattere mondano, tanto che gli venne affidata l’organizzazione e la “regia” dei festeggiamenti per le nozze di Gian Galeazzo Sforza con Isabella e poi per quelle di Lodovico il Moro con Beatrice d’Este. Per rendersi ben accetto alla Corte pare che egli abbia inventato il passatempo dei “rebus” per allietare le serate della famiglia ducale. Ciò nonostante il periodo milanese fu ricco di opere pittoriche come la Vergine delle Rocce. Nel 1497 lavorò alla “Cena” nel refettorio del Convento delle Grazie. Ma l’opera procedeva molto lentamente e soltanto il 9 febbraio 1498 venne portata a termine.
Verso il 1497 operò pure alla decorazione del Castello Sforzesco, nella Sala delle Asse. La Corte ricorreva a lui per tutto, perfino per le acconciature femminili. Si occupò di questioni urbanistiche, immaginando addirittura il doppio piano stradale, le strade alte per la libera circolazione, le strade basse per il traffico dei veicoli e il servizio delle case. Disegnò grossi argani per sollevare e trasportare pesanti pezzi d’artiglieria, cannoni, cannoncini a raggiera, ponti fissi, girevoli, le difese per le città assediate ecc.
In quegli anni si occupò del problema del volo umano, riprendendo progetti già elaborati a Firenze. Osservando il volo degli uccelli ideò una macchina che si sarebbe alzata in volo azionata dalla forza di un uomo dalle braccia munite di ali. Progettò inoltre l’elicottero, la bicicletta, il paracadute, la tuta per il palombaro, il carro armato realizzati dai suoi disegni come, la mostra del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci a Milano, espone.
Ma questi studi li riprenderà a Fiesole nel 1505. Il 14 dicembre 1499 se ne andò con Luca Pacioli a Venezia a studiare il flusso e riflusso marino. Il 24 aprile 1500 Leonardo fu a Firenze attratto dagli studi scientifici. Nel 1502 Cesare Borgia gli affidò l’ispezione di tutte le fortezze come suo architetto e ingegnere militare. Nel 1505 si apprestò ad eseguire, a Palazzo vecchio, la Battaglia di Anghiari (oggi perduta com’è noto) nella sala del Gran Consiglio. Ma la tecnica innovativa di Leonardo non ebbe successo e l’affresco ormai a termine si sciolse come neve al sole!
L’ultima opera di Leonardo in Italia fu un progetto di canale navigabile in Lombardia. Nel 1515 il re di Francia Francesco 1° conquistò il territorio lombardo e Leonardo, su suo invito, lasciò l’Italia per la Francia. Arrivò ad Amboise nel 1517, all’età di 65 anni, portando con sé l’amato ritratto della Gioconda.
Qui sviluppò ancora molti progetti, come la canalizzazione della Sologne, un nuovo palazzo reale a Romorantin, l’organizzazione di feste di Corte, gli studi scientifici.
Morì dopo due anni il 2 maggio 1519, assistito dagli allievi Francesco Melzi e Salaì.
Cominciava così la leggenda del Genio Universale. Il re andava a trovarlo nel castello di Cloux.
Scrisse il Cellini: “Io non voglio mancare di ridire le parole che sentii dire al re di lui. …Disse che non credeva mai che altro uomo fosse nato al mondo che sapesse tanto quanto Leonardo, non tanto di scultura, pittura ed architettura quanto ch’egli era grandissimo filosofo. Il re Francesco, essendo innamorato gagliardamente di quelle sue gran virtù, pigliava tanto piacere a sentirlo ragionare, che poche giornate dell’anno si spiccava da lui “.
Infine, ricordiamo quanto scritto da Alfredo Colombo nell’opera “Ecco Leonardo”, Ediz. Isti tuto Geografico De Agostino-Novara (1966): “Fu sommo in tutte le discipline, con mente anticipatrice ed animo presago. Per questo egli è il contemporaneo d’ogni età. È l’eterno contemporaneo del genere umano… Amò la natura e lo studio e al centro non vi pose Iddio, che è sopra di essa, ma l’Uomo “modello del mondo”. Così amò il mondo, il suo modello, il suo Creatore…e poi il Progresso. A quei tempi la parola non aveva l’odierno significato e non poteva esprimerlo, ma l’effetto si adeguò veramente al proposito: andare avanti. È la consegna che gli uomini, di tutti paesi e di tutte le età, debbono osservare”.
A Roma, esattamente a Piazza della Cancelleria 1, è presente una mostra permanente dedicata al Genio toscano, in cui è possibile ammirare, in tutto il suo splendore, il concetto di modernità che albergava nella sua mente, attraverso i progetti e le opere realizzate. Le visite sono possibili tutti i giorni dalle 9,30 alle 19,30.
Stefano Boeris